L'angelo preme l'aria
in cornamuse di pioggia
che annegano suoni tra l'erba.
Sudari d'acqua s'oppongono
alle folgori di un sole furibondo.
Fili che non s'afferrano
fuggono tra i sassi frantumati
a valle.
Piago i ginocchi
e nei vapori bevo
l'acque rabbiose della strada
del tempo.
Meteore corrono orbite basse,
dove le macine bianche
radono agonie di eventi.
Dove capire e quando...
A sibillini muri di vento m'inchiodo,
senza tremare,
dimenticando parole affamate.
Chiavi roventi su altari d'acciaio,
covano teschi ghignanti.
Quello che sono o che sarò
mi batte dentro,
antico passo che ripercorre il mondo,
in grandi ombre e in rapidi chiarori.